Bussola, come non perderla in mare.

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Bussola
Sin dalla sua invenzione, che alcuni storici attribuiscono ai cinesi, la bussola magnetica ha rappresentato uno strumento indispensabile per la navigazione e l’orientamento sia sulla terra ferma, che in mare. Il nome deriva dalla scatola – Buxula appunto – nella quale gli antichi ponevano l’ago  che indicava l’orientamento del meridiano magnetico.

Oggi, con l’avvento dei sistemi satellitari, moltissimi “navigatori” si sono dimenticati  a  cosa serva la bussola e quali siano i principi che regolano il suo funzionamento, quasi a voler ignorare l’esistenza del fenomeno fisico del magnetismo terreste.

Molti miei amici, navigatori o skipper che dir si voglia,  hanno quasi del tutto scordato le regole della navigazione  stimata con l’impiego della bussola e l’uso delle carte nautiche, e si affidano quasi esclusivamente ai vari GPS di bordo, che a volte sono più d’uno. Non parliamo poi dell’uso del sestante che rimane  appannaggio di pochi estimatori, per lo più vecchi giramondo di stirpe anglosassone o bretone.

L’italiano è pigro per natura e la bussola, si sa, richiede un minimo di attenzione ed applicazione, dato che per usarla in modo corretto devi conoscere, almeno, la deviazione magnetica della tua imbarcazione e calcolare la declinazione magnetica delle carte, altrimenti i gradi letti sulla linea di “fede” ti indicheranno un “cap” diverso da quello che effettivamente vuoi seguire. Ovviamente la bussola deve essere compensata ed avere le sue tebelle di deviazione.

Troppa fatica, basta guardare il GPS e voilà il gioco e fatto: in ogni istante sai dove ti trovi, o quasi. Si perché anche il GPS non è infallibile e soprattutto è un apparecchio elettronico e se bordo manca l’energia non serve nulla.

Personalmente, quando navigo, per calcolare la rotta o fare il punto nave mi affido  alla bussola magnetica, sia quella posta sulla chiesuola, che quella di rilevamento e poi, eventualmente, verifico la correttezza dei miei calcoli con il GPS di bordo, che per il mio stile di condotta diventa strumento di ausilio e non la fonte principale d’informazioni sulla navigazione che sto effettuando.

In alcuni casi, durante gli stage velici, per far capire a miei allievi cosa sia veramente la navigazione stimata, spengo il GPS e chiedo all’equipaggio di segnare il punto nave in base alla rotta seguita ed al tempo trascorso di navigazione, calcolando sia lo scarroccio che l’angolo di deriva presunto. Con questo sistema si possono effettuare attraversate o navigazioni d’altura, in tutta sicurezza e senza mancare il punto di atterraggio previsto.

Sono convinto che, quando si naviga, sia sempre opportuno sapere esattamente dove ci si trovi, per ogni tratta del percorso, facendo così prevalere  il fattore umano su quello tecnico-elettronico; poiché il mare non perdona ed ogni errore si paga a caro prezzo, come insegnano la storia e le gesta dei più grandi navigatori del mondo.

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