Fanali di via a LED, l’importante è far “luce” sulle norme

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Da lontano i fanali di via molte volte si vedono a stento soprattutto il verde, che nelle notti con forte tasso d’umidità si affievolisce parecchio, se poi ci sono altre luci sul ponte e l’osservatore ha qualche diottria in meno del visus ottimale, il segnale che indica la dritta diventa praticamente invisibile.

Chi viaggia per mare sa di cosa sto parlando e sicuramente gli sarà capitato di incontrare imbarcazioni o navi che avevano luci di via talmente fioche, da non poter distinguere nulla se non a poche centinaia di metri dall’incrocio con l’altro mezzo. Non parliamo di traghetti o pescherecci, le cui luci di via praticamente non servono a nulla, visto le altre miriadi di luci di tutti i colori che sfoggiano, dal giallo, al blu al viola, più che navi paiono veri e propri alberi di natale galleggianti.

Oggi con l’introduzione dei LED (Light Emitting Diode o diodo ad emissione luminosa) che, a differenza delle normali lampadine ad incandescenza, sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori per produrre fotoni, si avrà la possibilità di ottenere una maggiore potenza, con minori consumi ed una durata lunghissima rispetto alle precedenti, vantaggio non da poco se si considera che molte imbarcazioni da diporto hanno le luci di via in testa d’albero e la loro sostituzione non è poi cosi immediata.

Nonostante l’introduzione di questi nuovi dispositivi, che sono di forte ausilio alla navigazione, sia per farsi vedere che per riconoscere, la normativa italiana stabilisce delle limitazioni ed una particolare omologazione per questi dispositivi luminosi regolati dalla direttiva Colreg del 1972 che stabilisce:

La costruzione di  fanali e dei segnali e l’installazione dei fanali a bordo devono essere giudicati soddisfacenti dall’autorità competenti dello Stato del quale le navi sono autorizzate a battere bandiera.

Per l’Italia l’Ente omologatore è il Rina, pertanto potrebbe capitarvi di acquistare fanali conformi alla norma, ma non omologati Rina e quindi  in teoria non utilizzabili, salvo poi vedere quante volte le autorità preposte conoscono queste normative od effettuano i controlli su tali dispositivi di segnalazione.

Purtroppo l’oscurantismo italico in materia di norme  è una costante della vita dei cittadini penisulari, che molte volte, pur di non sottostare a questo tipo di norme capestro, preferiscono immatricolare la propria barca, sotto la bandiera di un altro stato appartenente alle UE.

A mio parere più che giudicare l’omologazione o meno, sarebbe necessario emanare una direttiva comunitaria che stabilisca, più che una portata minima dei fanali, una luminescenza caratteristica, calcolata nelle condizioni peggiori di visibilità quali: pioggia, foschia od inquinamento luminoso derivante dalle luci della costa.

Infatti, non ha proprio senso avere luci di via conformi ( ad esempio per le barche dai 12 sino a 20 metri ndr) che hanno una portata nominale di solo 3 MN con luce tradizionale, mentre si possono avere fonti di luci con colori saturi e maggiore luminescenza e quindi maggiore visibilità, applicando la tecnologia a LED, anche se alcuni di questi fanali non possono essere omologati in Italia perché magari hanno una portata, teorica, leggermente inferiore.

Per chi naviga è molto meglio distinguere bene i colori delle luci di via, che avere una maggiore portata teorica del fanale la quale, il più delle volte, viene annullata dalle condizioni ambienti circostanti. Basta pensare a quello che è successo con i semafori stradali le cui luci, prima dell’introduzione dei LED, erano molte volte indistinguibili soprattutto a causa dei riflessi del sole, mentre oggi, in qualsiasi condizione di luminosità ed irraggiamento, i tre colori si vedono e si distinguono benissimo.

Certo per “illuminare” il buon senso dei burocrati ci vuole ben altro che una lampadina di nuova generazione, dato che la norma e cieca e sorda ad ogni innovazione e come ci ricorda un proverbio: “L’intendersi del tempo e delle luci fa il buon pilota”

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