L’onda anomala, come affrontarla in barca

di Redazione Commenta

Una delle paure ataviche del marinaio è quella di affrontare l’oceano e le sue paurose onde anomale.

Molti navigatori narrano di aver dovuto “scalare” marosi impressionanti sia per potenza che per dimensioni e molto spesso le loro solide barche si sono capovolte anche di 360° sia in senso laterale che per chiglia, evento questo ancora più spettacolare e pericoloso.

Nella mia esperienza di marinaio, ho visto onde di oltre 10 metri e posso garantire che una certa fifa la mettono, anche se dopo qualche tempo ci si abitua e la paura si trasforma in “normalità”. Se le grandi onde oceaniche di 10/12 metri sono una componente quasi normale per ogni navigatore, quelle anomale sono un evento straordinario, che molto spesso però si trasforma in gravi difficoltà, se non in vera e proprie tragedia, per gli sfortunati malcapitati che si trovano sotto le loro creste frangenti.

Le onde anomale sono un accavallarsi di onde normali che per eventi eccezionali sommano la loro potenza diventando dei veri e propri muri d’acqua. Le leggende di mare narrano di onde anomale di oltre 40 metri che hanno rovesciato anche grandi navi cargo o petroliere come se fossero turaccioli. In effetti non è mai facile misurare l’altezza di un onda dato che i sistemi di rivelamento oceanici non sempre possono essere posizionati dove si manifesta l’evento straordinario.

Il record d’altezza, fino ad oggi registrato da una boa di rilevamento oceanografica, è stato stabilito  al largo dell’isola Taiwan,  circa 60 miglia a nord est , il 6 ottobre 2007, durante il tifone che si è abbattuto tra la Cina e le Filippine.

La misura registrata è stata di 32,3 metri, praticamente l’altezza di un palazzo di 10 piani, mentre il precedente record era di 29 metri , misurato nel Golfo del Messico durante l’uragano Ivan.  Uscire indenni dopo aver affrontato un’onda simile è quasi un miracolo, ma molto spesso ciò dipende anche da come viene presa l’onda. Ovviamente se l’onda colpisce la barca sul fianco questa si ribalterà , mentre se viene affrontata di prua o di poppa sarà più facile evitare gli effetti nefasti.

Per una barca a vela  è praticamente impossibile affrontare una simile massa d’acqua con la prua, ma se siamo di poppa si potrebbe tentare di surfare quel tanto che basta per non essere colpiti dalla cresta. In questi casi l’unico rimedio e filare da poppa delle spere o delle grosse cime con dei galleggianri – barabodi, secchi ecc. – che rallentino la velocità della barca e la stabilizzino di direzione dell’onda evitando che la surfata possa intraversare la barca o peggio farla talmente accelerare da capovolgerla in senso di chiglia. Se una barca ha la deriva mobile sarà più facile ottenere questa manovra alzando la chiglia in modo da far scivolare l’onda sotto lo scafo, proprio come un guscio di noci.

Paradossalmente le onde anomale arrecano più danni alle grandi navi, che a causa della loro stazza non riescono a manovrare così facilmente. I bravi comandanti quando si trovano in situazioni simili allagano, con acqua di mare, le casse di bilanciamento, cosi da ottenere un baricentro molto basso,  inoltre mettono i motori al minimo e tentano di tenere sempre la prua al vento e nel senso delle onde così da offrire alla massa d’acqua la parte più solida della nave. Ad ogni modo, una bella preghiera a Dio in questi casi non guasta mai… anche se si è atei.

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