Nautica da Diporto, la luce in fondo al tunnel della crisi?

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Dopo il crollo del mercato mondiale della nautica del 2009, l’anno che va concludersi porta con se le speranze per un ritorno in attivo dei bilanci della cantieristica da diporto. I dati parlano chiaro e sono impietosi.

Il mercato nazionale nel 2009 ha registrato un -30 % rispetto all’anno precedente con una diminuzione del fatturato per il mercato interno di oltre 500.000.000 di euro, mentre la diminuzione percentuale degli ordinativi per l’estero si è contenuta in un – 20 % con una diminuzione del venduto di circa 380.000.000 di euro. Sul fronte delle importazioni il crollo invece è stato più accentuato arrivando addirittura a  toccare un pesante – 51 %, con una perdita di valore netta di oltre 200 milioni di euro.

In sostanza il fatturato globale del comparto della nautica da diporto perde circa il 27, 9% assestandosi sui livelli ante 2005 a circa 2.750.000.000. Mentre solo nel 2008 il fatturato aveva toccato il picco con 3.821.000.000 di euro.

Il dato più confortante è che l’export comunque mantiene dei livello molto positivi soprattutto se rapportati a quelli di altri paese che invece hanno registrato dei crolli sensazionali. Ciò denota al bontà della nostra cantieristica sorretta in particolare dalla produzione di mega yacht di lusso che hanno risentito in modo marginale la crisi, forti di un portafoglio ordini già acquisito e di una quota del mercato mondiale del 50%. In pratica uno yacht di lusso su due che navigano nel mondo viene prodotto in Italia, con effetti benefici sia intermini economici assoluti che relativi.

Le stonature sono da rilevarsi soprattutto nel comparto delle piccole e medie imbarcazione che hanno registrato perdite pesanti visto che il crollo degli ordinativi a subito effetti disastrosi grazie anche alla diminuzione del leasing nautico per l’acquisto. Il fatto che molti armatori che prima potevano permettersi barche da 10 metri, con il leasing invece acquistavano barca da 13/15 metri ha determinato una sovra produzione fittizia non legata al reale potere d’acquisto, ma piuttosto drogata dall’incentivo all’indebitamento.

Molti armatori che entravano dai dealer con l’obbiettivo di acquistare un classico natante uscivano un contratto per un bel 12 metri che, numeri alla mano, veniva a costare più o meno come il tanto agognato “barchino”. Questo effetto aveva influenzato anche il mercato dell’usato tanto che i prezzi erano rimasti quasi stabili, mentre c’erano broker che dopo due anni rivendevano le proprie imbarcazioni allo stesso prezzo di mercato del nuovo, quasi a voler farci credere che le barche fossero un bene rifugio al pari dell’oro o delle case.

Se il 2009 è stato l’anno orribile il 2010 ha dato una speranza più che concreta di ripresa con un aumento delle vendite ed una lieve crescita del fatturato. Speriamo solo che non sia un fuoco di paglia e che molti imprenditori sappiano riorganizzare la loro produzione innovando ed investendo nei propri marchi, che da sempre sono apprezzati nel mondo come eccellenza del made in italy.

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